giovedì 30 gennaio 2014

FATELA FINITA!

"Il tempo va e passano le ore" cantava Alex Britti in un vecchio tormentone estivo. Il tempo va, passano le ore, gli anni i decenni. Ma sintonizzandoci in questi giorni su un qualunque telegiornale ci sembra di aver sbagliato orario e di trovarci davanti una puntata de "La storia siamo noi".
E tra le risse in Parlamento, le ghigliottine della Boldrini, i patti tra vecchi nemici e tante altre solite storie, saltano agli occhi, anzi, alle orecchie, due antichi gridi: "Boia chi molla" e "Bella ciao". Espressioni di pensieri e storie contrapposti, ma accomunate dalla stessa reazione: fatela finita!

A partire dall'ennesimo richiamo fascista dei pentastellati, che dopo lo slogan "Arrendetevi, siete circondati" di MSI-iana memoria, le aperture a Casa Pound e l'amore smodato e violento verso gli ipse-dixit del loro leader, lordano il Parlamento di parole che richiamano inequivocabilmente alla pagina più buia della storia dell'Italia unita. E Tofalo non insulti le nostre intelligenze citando Wikipedia e informandoci che Eleonora Pimentel Foseca portò alla ribalta questo motto prima del Duce. Nell'immaginario collettivo quelle parole sono sinonimo di fascismo, e in questo periodo già complicato l'ennesima dimostrazione di poca attitudine alla democrazia non fa bene.

E quando il Parlamento diventa un ring, i banchi del Governo vengono occupati (sì, ma i titolari dov'erano?), i cartelli gridano "Corrotti!" e la Lupo lamenta uno schiaffo di Dambruoso, dal settore occupato da PD e SEL si leva un canto che parla di partigiani, fiori e libertà. Anche voi, fatela finita. Intonare quel canto quando dall'altra parte si sta trattando una legge elettorale col Male che era da debellare è un insulto a chi dietro a quelle parole ha dato tutto per liberarci dal Male di qualche decennio fa.
Utilizzare il partigiano morto per la libertà come maschera dietro cui nascondere le proprie malefatte è un atto ignobile e meschino. Di quei valori non è rimasto niente, che non restino neanche le canzoni.

Per favore, fatela finita.

lunedì 6 gennaio 2014

IL PARADOSSO DI DARWIN

Un matematico che si rispetti, non può non farsi affascinare dalle stranezze e dai paradossi che vede intorno a sé.
Uno di questi, portato alla ribalta dai fatti di attualità di questo periodo, è la teoria evolutiva darwiniana, secondo cui ogni specie modifica il proprio modo di essere e di comportarsi per adattarsi al meglio al mondo attorno a sé.
Una delle applicazioni più immediate di questa teoria può considerarsi la Sperimentazione Animale: un animale sfrutta le proprie capacità fisiche ed intellettive per sottometterne a sé degli altri cercando così di migliorare il proprio tenore di vita, debellando possibilmente anche alcune malattie che affliggono la sua specie. Darwin. Preciso.
Ma arriviamo al paradosso. Lo spopolare nel mondo di quegli pseudo-animalisti che per salvare un beagle raderebbero al suolo tutto l'Abruzzo (dopo aver salvato i lupi, sia ben chiaro) ci fa pensare che in effetti il modo corretto di vedere il mondo, o perlomeno quello di adattarvisi al meglio, è quello di salvaguardare ratti e cani.
Pazienza se i livelli di educazione e di rispetto per la vita altrui crollano drasticamente. Darwin parlava di sopravvivenza, non di bon-ton. Quindi niente di strano se una ragazza che dichiara di essere sopravvissuta grazie a degli studi che della Sperimentazione Animale fanno una colonna portante viene subissata di insulti. Merita di soffrire, lei. Di morire. Di fare lei stessa da cavia.
Pazienza anche se anni di ricerche su Parkinson, autismo e Alzheimer (oltre che anni di spese e investimenti) vanno mandate in fumo perché dei bifolchi irrompono nel dipartimento di Farmacologia milanese aprendo le gabbie di centinaia di cavie e conigli rendendone impossibile l'identificazione (condannandoli tra l'altro alla soppressione: oltre al danno la beffa).
Pazienza tutto, se Darwin ha ragione loro sono l'anello prossimo della catena evolutiva.
Charles caro, non puoi dire questo. Questa specie non può essere quella che dominerà le scene future.
Se così fosse cambia almeno il nome, qui di evoluzione non c'è alcuna traccia.