martedì 7 ottobre 2014

ULTRACATTOLICI O ULTRÀ CATTOLICI?

Oltre ai rigori di Juve-Roma, c'è un altro argomento molto discusso delle piazze italiane reali e virtuali di questi giorni: le Sentinelle in Piedi.

Organizzazioni e manifestazioni del genere scatenano inevitabilmente scontri d'opinione e cori di indignazione bipartisan, e tra le varie identificazioni affibbiate a questo movimento ce n'è una che mi ha fatto riflettere particolarmente: ultracattolici. Certo, non è strano sentir accostare religione e campagne ideologiche. Siamo nel Paese dove sono state inventate le Crociate, nel tempo in cui abbiamo notizia di giornalisti decapitati per volere divino e con tante altre storie simili passate e presenti. E come ogni volta, a pensarci bene, c'è qualcosa che non quadra.

Come il tifoso da bar, quello che metterebbe sempre l'11 migliore, che caccerebbe gli allenatori, insulta gli arbitri e spenderebbe milioni in campagna acquisti, anche l'ultracattolico parla e si indigna per cose su cui non può nulla e di cui, diciamocelo, neanche capisce molto, assottigliando la differenza che passa tra l'ultra e l'ultrà.

Perché quando queste dimostrazioni vengono definite "silenziose e non violente", il cattolico (quello senza il prefisso incriminato) dovrebbe essere il primo a saltare dalla sedia. Proprio all'interno del mondo cattolico mi è stato insegnato, e mi sono trovato ad insegnare, che la violenza non è soltanto nel pugno, ma è anche nell'odio silenzioso, e in queste manifestazioni di violenza ce n'è, eccome. C'è quando si inneggia al "diritto che mio figlio non giochi con chi è figlio di due madri". C'è quando si afferma che la coppia gay è equiparabile alla coppia formata da un uomo e un cavallo. C'è quando si pretende che la propria opinione sia quella che tutti dovrebbero accettare, costi questo l'annullamento della personalità di qualcuno.

Ma l'ultra (o l'ultrà) questo non lo capisce. A lui l'omosessuale, come il tifoso avversario, fa proprio schifo.