Così eccomi sintonizzato su Raiuno per la seconda serata del Festival di Sanremo, in attesa dell'anticristo venuto dal Canada, tale Rufus Wainwright che, citando qua e là, presenterà al pubblico le sue canzoni blasfeme, si crocifiggerà sul palco dell'Ariston e farà propaganda gay contro la dignità del pubblico cattolico.
Qua si toccheranno picchi di ansia e tensione degni dei due aspiranti suicidi della prima serata.
La presentazione però mi fa salire qualche dubbio: "il miglior cantautore del mondo" (Fazio cita Elton John) entra in scena in jeans, giacca e cravatta e si mette al pianoforte. Beh, un po' soft come anticristo, ma vediamo che combina. Un paio di canzoni, un saluto, baci al pubblico e via.
No dai, scherziamo? E il messia gay? E dov'è la croce? E i papaboy?
Come al solito basta una scintilla e il sempre più accanito "popolo della rete" si accende come un cerino. Petizioni, articoli, raccolta firme e indignazione pubblica hanno spopolato sui social network, quando Wikipedia (cioè quanto di più popolare si possa pensare) neanche accenna a nessuno scandalo riguardo a questo artista canadese nato a New York. È bastato il testo di una canzone di dieci anni fa, una foto "scandalosa" di un suo concerto per scatenare un putiferio, il tutto amplificato dal fatto che Wainwright è gay. È gay e difende i diritti dei gay. E poco importa che la vittima delle sue invettive (di cui tra l'altro non c'è stata traccia a Sanremo) a sua volta ne sbraita altrettante da secoli in direzione contraria, lui non può permettersi! Chi semina vento raccoglie tempesta, si dice. E se si è lanciato fango non capisco come si possa pensare di ricevere in cambio carezze.
E se lo scandalo porta al dialogo, sia questo sui diritti dei gay o sulle incongruenze della Chiesa cattolica, ben venga, non si inventa nulla. Anche Madonna si esibì crocifissa, De André riscrisse i dieci comandamenti e Cristicchi intona canzoni contro i preti. Insomma, niente di nuovo sotto il sole.
Come per gli aspiranti suicidi.
Speriamo nella terza serata.